San Pietro della Ienca, a 1166 metri, distante circa 20 chilometri da l’Aquila: si tratta di un piccolo gioiello posto alle pendici del Gran Sasso, ed è uno dei luoghi più suggestivi della regione. Si trova nella valle del Vasto, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, e vive oggi una seconda vita grazie al turismo religioso.
Non ci sono notizie certe sulla fondazione del borgo, ma secondo alcuni nacque prima dell’anno mille a seguito della distruzione della vicina Forcona ad opera dei Longobardi. Le telecamere Rai con Sem Cipriani son partite alla volta di questo splendido borgo, per conoscerne la storia e le sue peculiarità, insieme allo scrittore Peppe Millanta per la rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.
“Di certo, fu uno dei villaggi fondatori della città dell’Aquila: e fu proprio l’attrattiva del nuovo insediamento, con le sue possibilità di commercio, a causare a poco a poco lo spopolamento di questo borgo già nel XIV secolo – spiega Millanta. – Il paese oggi si compone di pochissime abitazioni in pietra, un tempo antiche dimore di pastori che venivano qui per la transumanza verticale. Ma a colpire subito l’occhio è una bellissima chiesetta, oggi Santuario di Giovanni Paolo II”.
Il Papa infatti scoprì questo luogo per caso: era solito andare a sciare a Campo Imperatore quando a causa della eccessiva neve rimase bloccato da una bufera che lo costrinse a fermarsi qui, dove tornò spesso anche in seguito rapito dagli scenari, per immergersi in preghiera. Fu proprio lui che incentivò il recupero del posto, e oggi la chiesa ospita una sua reliquia a simbolo della sua presenza in questo luogo, ed è diventata meta di pellegrinaggio.
E poco lontano da San Pietro, nella frazione di Assergi, c’è Grotta a Male, un tempo Amare, nel senso di impervia, che nasconde un primato inaspettato: è considerata la prima cavità esplorata in senso speleologico in Italia.
Francesco De Marchi, per primo esplorò la Grotta il 20 agosto del 1573, mentre rimaneva affascinato dai disegni scolpiti dall’acqua sulla roccia. E in effetti lo stupore è tanto mentre si attraversano i vari ambienti, tra cui la Sala dell’Organo, chiamata così per il suono prodotto dall’acqua, e la Sala della Croce, per una croce incisa proprio dal De Marchi durante la sua esplorazione.
“In seguito – spiega lo scrittore – la Grotta è stata studiata in maniera approfondita, e oggi sappiamo che era in età preistorica un luogo di culto e di sepoltura, oltre che di lavorazione dei metalli: all’interno infatti sono stati trovati i resti di una fornace. Quella del De Marchi fu un’impresa davvero eccezionale se pensiamo alle attrezzature del tempo, e alla sua età: andava infatti per i 70 anni. Oggi, con la giusta attrezzatura e l’aiuto di professionisti, è possibile ripercorrere i suoi passi grazie a un percorso tracciato e un sistema di illuminazione”.