Il lavoro curato da Daria Denti e Alessandra Faggian ha scoperto un effetto della rappresentatività politica a livello locale sull’incidenza dei delitti
I numeri raccontano che i femminicidi hanno raggiunto livelli preoccupanti: in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni. Per poter contrastare il fenomeno e mettere eventualmente in azione delle misure adatte è necessario capire quali sono i fattori di rischio. Un nuovo studio del GSSI ha messo in luce una variabile importante: l’incidenza dei femminicidi scende nei luoghi dove è superiore la rappresentatività delle donne a livello locale. A evidenziarlo è il lavoro della ricercatrice Daria Denti e della professoressa e prorettrice Alessandra Faggian.
Nel loro studio, pubblicato recentemente, sono stati analizzati i dati georeferenziati (da database originale) sui femminicidi in Italia avvenuti dal 2012 al 2019, con l’esclusione del periodo di pandemia poiché caratterizzato da dinamiche specifiche in tema di violenza di genere principalmente in ragione delle restrizioni e della coabitazione forzata. «Per delineare un quadro della geografia italiana dei pregiudizi di genere abbiamo fatto riferimento a studi che ne individuano una buona misura nel livello di rappresentanza politica delle donne – spiega Daria Denti – i pregiudizi di genere influenzano sia le preferenze di voto degli elettori sia la disponibilità di potenziali candidate a partecipare alle competizioni elettorali. Come le altre norme culturali, hanno poi una forte dimensione locale. Abbiamo quindi misurato i pregiudizi di genere attraverso la percentuale delle donne elette nei consigli comunali e attraverso il modello di regressione, il metodo standard per le stime statistiche, abbiamo ottenuto una relazione significativa e robusta tra percentuale di donne elette e l’incidenza dei femminicidi. In sostanza, più sono le donne elette nei consigli comunali, più è bassa l’incidenza di questo tipo di delitti».
Lo studio ha voluto anche verificare il peso relativo dei pregiudizi di genere sui femminicidi rispetto ad altri fattori di rischio, come quelli attinenti alla sfera economica. L’analisi mostra che anche quando si considerano le differenze salariali e occupazionali tra uomo e donna, il ruolo dei pregiudizi di genere ha l’effetto più rilevante e significativo. Questo risultato è interessante se si inquadra l’analisi nella letteratura esistente. Infatti, studi analoghi sugli Stati Uniti e sul Regno Unito mostrano che in quei paesi sia la dimensione economica quella più rilevante nello spiegare la violenza di genere. Invece nel contesto europeo, la dimensione culturale è quella più importante, come mostrato da questa analisi e da altre che si sono occupate della Spagna e di altri paesi dell’Unione europea.
La relazione tra femminicidi e pregiudizi di genere non si modifica quando vengono inclusi altri fattori, come il livello di educazione e il tasso di criminalità. E così si è anche cercato di capire, attraverso un’altra tecnica statistica, il modello di regressione con variabile strumentale, se invece non sia proprio l’alta incidenza di femminicidi a scoraggiare i percorsi politici delle donne. O ancora, se il risultato non sia influenzato dal fatto che le persone che vogliono vivere in una comunità con parità di genere – quindi senza pregiudizi nel votare le donne – si spostino in luoghi con una bassa incidenza di femminicidi. I risultati confermano che sono i pregiudizi di genere ad influenzare l’incidenza dei femminicidi e non viceversa.
Per quest’ultima analisi è stata utilizzata una variabile tanto curiosa quanto assodata in ambito scientifico, cioè la divisione del lavoro in agricoltura tra uomini e donne avvenuta migliaia di anni fa. «Esiste una consolidata letteratura scientifica che ha misurato la forte persistenza dei valori culturali generati anticamente. Tra i più importanti autori possiamo ricordare Alberto Alesina e Paola Giuliano – spiega Daria Denti – ed i luoghi in cui le donne diventarono superflue in agricoltura, sono oggi quelli in cui oggi si riscontrano le disuguaglianze di genere più forti». L’analisi ha quindi preso in esame come le tipologie di terreno dei suoli italiani abbiano influito sulle differenze storiche nella divisione del lavoro. In assenza di tecnologia, è il suolo, con le sue caratteristiche, a determinare la divisione del lavoro agricolo tra uomo e donna.
Questa, così come altri fattori associati all’aumento della rappresentatività politica, sono stati analizzati nel dettaglio. «Con i dati a disposizione è stato possibile verificare anche se l’effetto sui femminicidi dipende dal fatto che le donne sono rappresentate in ruoli più alti della amministrazione locale (sindache e assessore) oppure su larga scala nei consigli comunali. Isolando ogni categoria, abbiamo visto che è la rappresentanza nei consigli ad avere un effetto significativo», spiega Denti. Questo risultato si spiega col fatto che è l’assemblea civica a fornire una fotografia più accurata della comunità di riferimento.
«Affrontare problematiche socialmente rilevanti, come quella dei femminicidi, è un nostro dovere come ricercatori – conclude Alessandra Faggian, professoressa di Economia applicata e direttrice dell’area di Scienze sociali – contribuire a capire meglio quali potrebbero esserne le cause e come intervenire concretamente è un passo avanti, anche se moltissimo resta ancora da fare per combattere questo fenomeno».
Il paper, curato dall’assistant professor del GSSI Daria Denti insieme alla professoressa e prorettrice Alessandra Faggian, dell’area di Social Science, è stato pubblicato ad aprile nella collana della LSE, la London School of Economics, con il titolo “The Councilwoman’s Tale. Countering Intimate Partner Homicides by electing women in local councils.”
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